Maria Luigia Cafagna

in arte OXO – Luglio 1990

 

Pochi sono gli artisti che hanno consuetudine con l’umiltà; ma ancor più rari sono coloro i quali conferiscono alla propria proposta una interpretazione”maldestra e infantile” credendo nell’inn0cenza e, allo stesso tempo, nella crescita della società. L’infantile sarebbe da tradurre in termini di poesia che ispira il fanciullo ed esprime la verità; il maldestro è, invece, l’accumulo della ricerca esplosiva che è si volontà di proporsi, ma nella consapevolezza di dover lottare in termini sociali anche nel difficile mondo dell’arte pittorica.

 

Maria Luigia Cafagna, giovane pittrice tarantina, ha voluto affrontare il cmplesso mondo dell’arte armandosi di semplicità, di poetica e soprattutto della capacità di adeguamento alle complesse situazioni della vita che la pacchianeria umana le propina. Ha scelto Leporano, un luogo protetto da una serranda dipinta con colori vivaci, festosi che rispecchiano l’animo suo e ti invitano ad entrare ogni volta che passi davanti. Quando hai la fortuna di entrare ecco che scopri una donna sorridente, felice di saper far qualcosa e di saperlo presentare. Il valore delle sue opere lo definisce sulla base del tempo impiegato, ma in realtà ogni suo lavoro contiene un eguale valore perché la carica che sprigiona è la stessa sia quando deve rappresentare una scena complessa, che quando deve solo apporre la sua firma che non è Maria Luigia, ma OXO: uno pseudonimo maschile, ma anche infantile, senza apparente significato e simile ad uno scarabocchio che la mano semplice del bimbo è solito ripetere meccanicamente.

 

Il bimbo esplode quando affronta i temi affettivi, psicologici e sociali. La sua sembra essere una pittura in prosa. “Non so, non ho ancora dato il titolo a questa ultima opera, - mi dice mostrandomi il quadro. Insieme diciamo: “Soffio”… e lei continua: “di vita”.

 

Inizia così il suo romanzo d’amore con l’arte pittorica: un mondo nel quale è profondamente immersa per scrutare gli altri e per poter verificare se stessa, il suo animo già avvezzo alla poesia e alla critica.

 

In “Felicità” c’è tutta l’ansia di vivere e di voler vivere, da sola o unita fino a divenire anima e corpo per poter creare il “Sogno”, dove i corpi si fondono all’ombra di arcate illuminate che proiettano nel buio cielo i fasci di luce. Continua il sogno di fanciulla, ma OXO è cosciente che la realtà degli altri non è simile alla sua ed ecco che i suoi colori si fanno meno vivaci, più definiti, più esplicativi, più sentiti. Il tempo che impiega per dipingere è allora proporzionato alla carica emotiva.

 

Dopo il sogno, la realtà e quindi la “Trasfigurazione” che dallo stato di difficoltà deve condurre alla liberazione attraverso la trasformazione in “skyline” (gabbiano) in grado di volare tra gli uomini e sui mari. “L’immagine sospesa” rappresenta un po’ la resa dei conti: La fantasia non è la realtà, ma è pur sempre l’inizio della speranza che “La città fantasma” si ripopoli e l’uomo ritorni a vivere per migliorare la propria esistenza e quella degli altri. Un momento pessimista, ma di piena presa di coscienza della realtà!

 

Ecco allora “La passeggiata”: momento di riflessione, ma anche di ricerca della verità che OXO trova nella maniera filosofica dell’ilozoismo (materia e vita). Le pietre, le piante, gli oggetti tutti sono pronti ad imbastire con lei un dialogo enunciativo.

 

E’ triste pensare che OXO ritrova negli oggetti la espressione autentica della vita, fatto, questo, imbarazzante se si pensa alla sua giovane esperienza artistica, la stessa che le permette di guardare il bimbo negro il cui triste e buio volto viene illuminato dalle baguette di pane bianco e fragrante che trasporta sulla braccia. La fame viene sconfitta? Si, ma con la consapevolezza che occorre ricominciare a vivere per sconfiggere gli altri falsi  miti dei quali l’umanità ne è proprio stracolma.